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LA SFERA CELESTE
Tolomeo (100 -175 )
Scrive l’Almagesto una delle opere scientifiche più importanti dell’antichità, dove sono compendiate conoscenze di matematica e astronomia che furono tramandate attraverso manoscritti arabi tradotti in latino nel XII secolo. Formulò un modello geocentrico più evoluto di quello concepito dai suoi predecessori che fu usato da astrologi, astronomi per più di 1000 anni e fino ai grandi navigatori. Dopo la rivoluzione copernicana, il Sole occupa il posto della Terra, ma il sistema tolemaico non è abbandonato. Si preferisce per comodità descrittiva osservare il movimento apparente degli astri.
Oggi sappiamo che l’orbita della Terra è un’ellisse a piccola eccentricità (1/60) di cui il Sole occupa uno dei due fuochi ed è inclinata rispetto all’equatore di un angolo di circa 23° 27’. Se durante l’anno osserviamo dalla Terra la proiezione del Sole sulla sfera celeste(fig.1) , lo vediamo percorrere un circolo massimo chiamato eclittica (luogo delle eclissi) che è complanare all’orbita terrestre. Quando la Terra si trova in afelio A (il punto dell’orbita più distante dal Sole) vediamo il Sole proiettato sulla sfera celeste in A’. Così quando essa sarà in perielio P (il punto dell’orbita più vicino al Sole) vedremo il Sole sulla sfera celeste in P’. La distanza sferica del Sole dall’equatore (detta declinazione) varia tra un massimo di + 23°27’ (solstizio estivo) e un minimo di - 23°, 27’ (solstizio invernale).Essa corrisponde all’inclinazione dell’asse dell’eclittica rispetto al polo nord celeste p Pn, dove p è il polo dell’eclittica. Il piano dell’eclittica interseca quello equatoriale lungo la linea dei nodi equinoziali: i punti d’ariete g e di bilancia Ω dove la declinazione del Sole è 0°. Quando il Sole passa per il punto g (detto anche vernale dal latino ver: primavera) inizia la primavera e al punto di bilancia comincia l’autunno.
La sfera celeste fu immaginata come un grande mappamondo sul quale i corpi celesti, indipendentemente dalla loro distanza dalla Terra, s’individuano con coordinate che sono simili a quelle terrestri. Il punto E’ rappresenta il solstizio estivo, E quello invernale.
Fig.1 Fig.2
Così abbiamo le coordinate equatoriali che sono dette uranografiche per distinguerle da quelle locali, perché sono riferite agli astri della sfera mobile e sono indipendenti dalla posizione dell’osservatore. Esse sono l’ascensione retta a contata sull’equatore dal punto vernale al piede dell’astro e la declinazione d misurata dall’equatore sull’orario dell’astro. Supponendo gli astri mobili rispetto all’osservatore immobile, bisogna immaginare due sfere celesti che scorrono una dentro l’altra.
Una sfera mobile, che gira intorno all’asse del mondo, sulla quale sono proiettati gli astri, con le loro coordinate uranografiche (in contrapposizione a quelle locali ), che si muovono con i seguenti circoli (vedi fig 2):
a) equatore QgQ’ Ω e coluro degli equinozi PngPs Ω insieme con i rispettivi paralleli di declinazione e circoli cui si fa riferimento per trovare le coordinate uranografiche equatoriali appena dette.
b) eclittica EgE’ Ω e il meridiano di eclittica pgp’ Ω passa per il punto g (rispettivamente base e semicerchio d’ origine delle coordinate eclittiche) insieme ai rispettivi paralleli di eclittica e circoli. Le coordinate uranografiche eclittiche, oggi meno usate di un tempo, sono: la latitudine celeste b misurata sul meridiano dell’astro dall’eclittica e la longitudine celeste l che si conta sull’eclittica dal punto d’ariete. Mentre le coordinate del Sole variano continuamente, quelle delle stelle si possono considerare quasi costanti almeno per qualche mese e subiscono piccole variazioni influenzate da vari fattori tra cui il più importante è la precessione degli equinozi.
L’altra sfera immobile coassiale alla prima con i circoli seguenti (vedi figg. 3 e 4):
a) equatore e il meridiano dell’osservatore (rispettivamente base e semicerchio di origine delle coordinate orarie) insieme ai paralleli di declinazione e agli orari. Le coordinate locali orarie sono l’angolo orario t che si conta sull’equatore a partire dal mezzo cielo superiore (vedi fig.4 MsWMiA) e la declinazione d dell’astro misurata sull’orario dell’astro a partire dall’equatore.
b) il verticale nord e l’orizzonte astronomico (rispettivamente semicerchio di origine e base delle coordinate altazimutali) insieme ai verticali e i paralleli d’altezza. Le coordinate locali altazimutali (fig. 3 )sono l’altezza dell’astro AS che si conta dall’orizzonte sul suo cerchio verticale e l’azimut dell’astro NA misurato sull’orizzonte a partire da Nord fino al verticale dell’astro in senso.
E’ importante conoscere bene questi due sistemi locali per comprendere i principi di funzionamento delle meridiane (sarebbe più appropriato dire orologi solari perché meridiana è solo la linea oraria del mezzogiorno).
In conformità a quanto si è detto sulle due sfere notiamo che ci sono due equatori concentrici: uno mobile cui si riferiscono le coordinate uranografiche equatoriali e l’altro fisso come base delle coordinate orarie che scorrono l’uno dentro l’altro. Lo stesso vale per i paralleli di declinazione. Inoltre i cerchi orari sono mobili se riferiti al coluro degli equinozi e fissi se riferiti al meridiano dell’osservatore.
Le due sfere contengono gli elementi essenziali su cui si basa la Sfera armillare . Si tratta di uno strumento didattico e d’osservazione utile per descrivere il moto degli astri e misurarne le coordinate (vedi anche in Gnomonica alla pagina Tipologia) . In precedenza in Il sole ,l’ombra e il tempo abbiamo parlato dell’altro strumento forse più importante per i calcoli astronomici che è l’astrolabio. Abbiamo visto che si tratta di un vero e proprio calcolatore portatile. Entrambi servivano per misurare il tempo, ma in modo diverso tra loro. La sfera armillare è un orologio equatoriale che fa parte della categoria degli orologi ad angolo orario. L’astrolabio rientra nella tipologia degli orologi d’altezza. Un’altra categoria di orologi solari è quella riferita alla misura del tempo basata sull’azimut del Sole.
La sfera celeste è la sfera ideale di raggio arbitrario rappresentativa delle direzioni degli astri(non delle distanze) sulla quale sono proiettati dal suo centro. Se il centro coincide con il Sole è detta eliocentrica mentre se il suo centro è quello della Terra si chiama geocentrica.
Si dice Sfera celeste locale di un osservatore la sfera che ha centro nel luogo terrestre occupato dall’osservatore. Considerato che le distanze degli astri sono enormi possiamo pensare le due sfere celesti geocentrica e locale come coincidenti.
Fig.3
Il punto O (fig.3) si riferisce alla posizione dell’osservatore sulla Terra. Il piano dell’orizzonte apparente che possiamo immaginare tangente in questo punto è normale alla verticale che dal punto O incontra la sfera celeste allo zenit = Z il cui opposto e il nadir = Z’.
E’ noto che il meridiano è il cerchio massimo che contiene i poli. Se consideriamo il punto O con latitudine diversa da 0°, diciamo che la latitudine di quel punto è l’arco di meridiano OQ che lo separa dall’equatore. Il piano verticale che contiene i poli dell’equatore (Pn, Ps) e dell’orizzonte (Z, Z’) e interseca il secondo lungo la linea meridiana in direzione nord –sud è detto meridiano celeste o dell’osservatore. L’angolo Ms C Z che coincide con Q C O è la latitudine j ed è uguale a Pn C N. Considerato che la lunghezza del raggio terrestre è trascurabile rispetto a quello della sfera celeste, possiamo considerare l’osservatore posto al centro C. L’orizzonte dell’osservatore così coincide con quello celeste N E S W. Il circolo massimo che contiene zenit e nadir passante per i punti cardinali est e ovest si chiama primo verticale . Il cardinale nord è il punto dell’orizzonte astronomico più vicino al polo celeste nord e così per il sud. Ms che indica il mezzocielo superiore e Mi il mezzocielo inferiore sono i luoghi dove l’equatore interseca il meridiano dell’osservatore. Pn Z Ps è il meridiano superiore, Pn Z’ Ps quello inferiore.
Sull’equatore si misura il tempo dell’astro t (angolo orario) dal meridiano dell’osservatore in senso orario da zero a ventiquattro ore oppure da 0° a 360°. In gnomonica è più usato l’angolo al polo che è quello sferico (≤ 180°) che si misura dal meridiano superiore verso est o ovest
Sull’orizzonte si misura l’azimut dell’astro partendo da nord in senso orario da 0° a 360°. In gnomonica si usa l’angolo azimutale contato da sud verso est e ovest da 0° a 180° (anziché da nord come in astronomia). Le altezze si contano dall’orizzonte sui cerchi massimi (detti verticali) che sono perpendicolari all’orizzonte e sono divisi in due dalla linea ZZ’. In particolare il verticale nord ZPnZ’ e quello sud ZPsZ’ coincidono con il meridiano dell’osservatore. L’altezza del mezzo cielo superiore è la colatitudine c = (90°- j).
Una descrizione completa della sfera celeste include anche la fascia dello Zodiaco che è una zona sferica di 16° di cui 8 a nord e 8 a sud bisecata dall’eclittica e suddivisa in 12 settori uguali di 30° di longitudine di eclittica. In essi compaiono i segni zodiacali che circa 2000 anni fa corrispondevano alle costellazioni celesti.
Come nel disegno seguente ex www.serenusbloom.it
La volta celeste si può rappresentare anche secondo una proiezione cilindrica e sviluppandola si ottiene una carta del cielo attraversata dall’eclittica che con la sua forma a sinusoide mostra il percorso del Sole tra le stelle durante l’anno .
Per orientarsi in cielo basta tenere presente che essa è riferita alle ore 20 solari. Pertanto se sono le dodici del 20 marzo: individuiamo la data e ci spostiamo a destra di otto ore e ci ritroviamo al meridiano del 20 novembre che corrisponde all’ora zero di ascensione retta cioè all’equinozio primaverile dove l’eclittica incrocia l’equatore. Se l’ora di osservazione è successiva alle venti, ci spostiamo verso i meridiani posti a sinistra del giorno in cui ci troviamo.
Cominciai a usare il mio sestante rilevando le altezze delle stelle sull’orizzonte e ovviamente del Sole che è il movimento dell’orologio solare. Conoscendo la latitudine del luogo misuravo l’altezza della stella polare e verificavo le mie capacità manuali nell’uso dello strumento. Come i comandanti facevo delle meridiane inseguendo il Sole fino alla sua massima altezza segnando il mezzogiorno vero. Nota la latitudine, l’altezza del Sole al meridiano superiore è h = 90° - j + d. La declinazione del Sole si può trovare anche sulle tavole delle effemeridi. In astronomia abbiamo visto che l’angolo orario si misura dal meridiano locale, ma nell’uso civile sappiamo che il giorno inizia dalla mezzanotte quindi dobbiamo tenere conto di questa differenza. Quando il Sole non si trova al meridiano superiore, cioè il suo azimut è diverso da 180° possiamo calcolare l’angolo orario del Sole se conosciamo latitudine, declinazione e altezza o azimut con l’aiuto delle formule di trigonometria sferica applicate al c.d. triangolo di posizione PZS (vedi fig. 4). Chi vuole però, può usare l'analemma (quello di Vitruvio).
Fig.4
Triangolo di posizione ZSP
Indichiamo con S il Sole posto su di un parallelo di declinazione
PZ = colatitudine 90°-j = c AS = declinazione = d
SP = distanza polare = 90° - (± d) = p BS = altezza = h
SZ = distanza zenitale = 90° - h = z NB = azimut = a
MsMiA = angolo orario = t
Angoli: Le formule fondamentali:
Un tempo con il sestante a terra si misuravano più altezze del Sole e con la A), trovato l’angolo orario, si mettevano a segno i cronometri della nave. In navigazione questa formula sta alla base del metodo francese (detto della formula bruta) per trasformare le coordinate orarie in altazimutali e fare il punto nave con le rette d’altezza. Con la B) si calcola l’azimut in funzione dell’altezza,latitudine e declinazione. In astronomia nautica, oltre alle effemeridi nautiche che sono un’edizione ridotta di quelle astronomiche, si usano le tavole nautiche che consentono di abbreviare i calcoli relativi al punto nave. Esse contengono le c.d. tavole A, B, C che permettono in modo immediato di trasformare le coordinate orarie in altazimutali.
Dei suddetti valori solo la latitudine è fissa e secondo queste formule solitamente si sviluppa il calcolo degli orologi solari.
Keplero (1571-1630) scoprì le leggi che regolano il movimento dei pianeti e si comprese perché il Sole sorge ogni giorno in ritardo rispetto alle stelle di circa 4’. Uno scarto che varia durante l’anno in funzione della velocità angolare della Terra sulla sua orbita ellittica intorno al Sole e all’inclinazione dell’asse terrestre. Ai costruttori di orologi solari era già noto prima di Keplero che il movimento apparente del Sole non è uniforme (vedi Apollonio), ma per le esigenze quotidiane fino ai primi dell’Ottocento non c’era bisogno che gli orologi solari mostrassero il tempo medio degli orologi meccanici che viceversa erano regolati sulle meridiane. In Italia fu molto usato il sistema a ore italiche dette mobili perché iniziano dal tramonto che sappiamo muoversi sull’orizzonte al cambiare delle stagioni. Regolare l’orologio meccanico era facile: bastava aspettare il tramonto del Sole e metterlo sulle ventiquattro (oppure sulle 6 per quelli piccoli che misuravano il quarto di giornata come l'orologio del Santuario della Santa Casa di Loreto ). Altrimenti si cercava una meridiana, a ore italiche ovviamente, sulla quale si poteva fare la messa a punto sulle ore che mostrava.
Orologio a ore italiche Santuario di Loreto Orologio a ore astronomiche
Il ritardo giornaliero del Sole a cui accennavo prima è il risultato della combinazione del moto di rotazione con quello di rivoluzione terrestre. Il giorno siderale si compie dopo che la Terra ha ruotato intorno al proprio asse di 360° : sono trascorse 24 ore siderali ,ma il giorno solare non si è ancora compiuto. Infatti la Terra mentre completa il giro di rotazione su se stessa si sposta sulla propria orbita mediamente di quasi 1° al giorno che corrisponde a poco meno di 4 minuti (di tempo siderale). Così la Terra deve ruotare di un ulteriore grado perché si riveda il Sole al meridiano. Diciamo che il Sole ritarda rispetto alle stelle e quindi il giorno solare è mediamente più lungo di quello siderale di circa 4’ . Se vogliamo, possiamo dire che le stelle ogni giorno anticipano il loro passaggio al meridiano di 4’ ( tempo che è anche chiamato accelerazione delle steIle fisse). Tale spostamento è legato alla velocità angolare della Terra che non è regolare essendo per la seconda legge di Keplero massima al perielio e minima all’afelio. Ne consegue che il giorno vero solare è variabile e questo in parte spiega perché l’ora della meridiana che si basa sul tempo vero non coincida quasi mai con quella del nostro orologio che segna l’ora media. Inoltre quand’anche il Sole si muovesse con moto uniforme sull’eclittica a proiezioni di archi uguali di eclittica sull’equatore non corrisponderebbero uguali archi . La somma algebrica di queste due variazioni corrisponde all’ascensione retta del Sole. Così possiamo dire che un giorno solare vero è uguale a un giorno siderale aumentato della variazione dell’ascensione retta del Sole in quel giorno.(vedi Glossario ,voce Ascensione retta).
L’ascensione retta del Sole cresce continuamente con variazioni di pochi secondi il giorno che accumulandosi portano a differenze in anticipo e in ritardo fino a sedici minuti circa durante l’anno. Tali differenze sono espresse dall’equazione del tempo che sull’orologio solare qualche volta è rappresentata da una curva a forma di otto detta lemniscata (o all’inglese analemma) per ciascuna ora oppure dal relativo grafico che vale per tutte ore.
Il movimento in declinazione del Sole dipende dal crescere della sua ascensione retta e quindi anch’esso non è uniforme. La variazione giornaliera di declinazione è minima ai solstizi (qualche decina di secondi) e massima agli equinozi (intorno a 24’). Ne risulta che in prossimità dei solstizi la durata del giorno non muta significativamente, mentre quando il Sole è vicino agli equinozi, essa cambia sensibilmente(vedi fig. 1). Il percorso del Sole ci appare variare in ampiezza e altezza e da ciò dipendono la lunghezza delle giornate insieme al cambiamento delle stagioni. Anche se la declinazione durante l'anno varia in continuazione possiamo assumere che in un giorno non cambi e quindi vediamo il Sole percorre un arco (di declinazione) in cielo parallelo all’equatore che interseca l’orizzonte con ampiezza variabile divisa in due parti uguali dal mezzogiorno. Sull’orizzonte misuriamo in senso orario l’azimut del Sole cioè l’angolo formato tra il nord e il piano verticale su cui giace. L’azimut del cardinale est è 90°, 180° il sud e 270° l’ovest. Se non ci troviamo a latitudine 0° (quella dell’equatore dove il giorno è sempre uguale la notte) notiamo sull’orizzonte che solo agli equinozi il Sole sorge a est e tramonta a ovest e percorre l’arco diurno in dodici ore. Dall’equinozio primaverile (intorno al 20/21 marzo), quando l’altezza del Sole a mezzogiorno è uguale alla colatitudine, notiamo che la declinazione del Sole e l’ampiezza dell’arco diurno crescono fino al solstizio estivo (intorno al 21 giugno) quando il Sole a mezzogiorno si trova alla sua massima altezza annuale (colatitudine +23°27’). Poi molto lentamente, quasi il Sole volesse indugiare, le giornate cominciano ad accorciarsi e, dopo più velocemente, passando per l’equinozio autunnale fino al solstizio invernale (colatitudine – 23° 27’) quando il Sole si troverà alla sua minima altezza annuale (intorno al 21 dicembre). Si chiama amplitudine ortiva del Sole (e di un astro in genere) l’arco di orizzonte (£90°) compreso tra il punto del sorgere e il primo verticale orientale e amplitudine occasa l’arco di orizzonte (£90°) compreso tra il primo verticale ovest e il punto del tramonto del Sole.